di Marco Roveretto

Anche quest'anno, il nostro fotogruppo ha cercato di assolvere al suo compito di "fare fotografia" confrontandosi con un tema che a prima vista poteva sembrare un gioco di parole. Come ogni esercizio di creatività aperta, il tema era in parte ambiguo, racchiuso in un primo livello di esecuzione che potremmo definire minimo ma che doveva poi essere ampliato e meditato dagli autori.
La sfida era cercare una traccia ed un concetto che potesse essere inteso nei due sensi per poi svilupparli autonomamente, dando al "segno" fotografico il compito di testimoniare il ruolo di chi stava dietro la macchina fotografica. Partendo dal "Naturale" o dall"'Artificiale", il fotografo poteva e direi doveva, cercare di interpretare la realtà non meramente per ciò che appare ma farla diventare solo la materia delle proprie realizzazioni, substrato necessario ma non registrazione meccanica.
Il ruolo della fotografia e della fotografia artistica in particolare, se vogliamo creare delle distinzioni, risiede proprio in questa capacità di citare e non di copiare, citazione che è prima di tutto confronto con la propria memoria e con la propria esperienza di fotografo. Possiamo discutere a lungo sulla oggettività del giudizio estetico e sulla sua valenza di relazione ma sarebbe del tutto sterile se non ci concentrassimo sul livello di creazione e di stimolo che hanno le immagini quando sono pensate e poi guardate. E quando dico guardate intendo dire da un pubblico che non voglia essere già partecipe dell'intuizione artistica che risiede nello scatto ma che sia spettatore ignaro dei segni che sta per scoprire ed analizzare.
Ci si può sottrarre da questo primo livello di interpretazione? Può il fotografo o l'artista in generale pensare le immagini solo per se e per il proprio piacere? La domanda è retorica e sia il si che il no semplicemente enunciati tradiscono la complessa attività di ricerca, meditazione ed intuizione che soggiace alla creazione artistica ed a quella fotografica in particolare. Si può certo fotografare per proprio piacere e la storia della fotografia annovera anche casi di attività compulsiva ma difficilmente si può affermare che tutta la propria attività ha o ha avuto quest' unico fine. Parallelamente, solo un evoluto narcisista fotografa per compiacere il suo pubblico e forse è questa la ragione di chi sente il bisogno di staccarsi dalla dinamica dei concorsi fotografici per cercare altre vie di espressione, a un tempo più evolute e complete.
La fotografia ha poi un difetto congenito che la accompagna quasi dalla nascita, ma che oggi é diventato evidente più che mai. Se per il pittore, lo scultore o per l'artista in generale era necessaria una lunga e severa scuola per apprendere l'arte del maestro, il racchiudere tutto in un click della durata di qualche frazione di secondo doveva sembrare tanto rivoluzionario quanto insufficiente per annoverare le "fotografie fra le attività degne del nome di arte. Sembra che nulla sia più facile che fotografare; l'attività è dedicata più al consumo che alla creazione e la diffusione del mondo della rete, ha solo acuito un fenomeno già ben noto e discusso prima dell'affermazione di internet.

Fra tutte queste domande e fra tutti questi interrogativi a cui una seria analisi non può dare risposte univoche, come può il fotoamatore reagire e porsi in una posizione che voglia dirsi comunque creativa? Può semplicemente fotografare per piacere? Sicuramente no, la partecipazione alla vita di un circolo fotografico ha come fine anche la crescita della capacità di vedere attraverso gli aocchi degli altri quello che alle volte è sconosciuto ai nostri. Ma deve anche cercare di andare oltre il semplice messaggio che un tema può evocare o sottendere. Se guardiamo le foto dei singoli autori, credo che si possa tracciare una linea di interpretazione che segue due modi di intendere questa tensione creativa.
Una parte ha cercato un oggetto, situazione o concetto che potesse essere immediatamente ribaltata fra i due estremi; è il caso delle immagini che riportano la stessa figura ripresa come presente in natura e poi come creata o manipolata dall'uomo. La ricerca è stata estesa alle situazioni o ai concetti, in un crescendo di difficoltà legato alla complessità che si vuole rappresentata dalla fotografia, notoriamente povera di codici interpretativi univoci. Una seconda parte di autori ha miscelato o meglio connaturato le due dimensioni, cercando di renderle visibili solo attraverso la sintesi. Questa seconda operazione può essere vista come una variante al concetto di base, che abbiamo visto esprimersi in una iniziale riconoscibile ed evidente dualità.

A ben guardare, si tratta una linea di pensiero solo diversa nella realizzazione, ma sempre con la stessa radice di partenza; in questo caso, l'autore ha dovuto sforzarsi di riprendere un oggetto o un soggetto singolo che avesse in se le due caratteristiche. Possiamo credere che anche in queste realizzazioni ci siano vari gradi di difficoltà legati alla bontà delle intuizioni ed ai mezzi utilizzati per renderle fruibili al pubblico. Non cito gli autori né le tecniche, ma lascio ai visitatori il cimentarsi nel riconoscimento dei vari modi espressivi, con la preghiera di cercare la ragione della presentazione al di là della sua realizzazione. Sono
ben conscio che la gradevolezza di un'espressi ne visiva come la fotografia non può essere solo legata al concetto che si voleva rappresentare, ma deve essere il frutto di una sintesi delle capacità dell'autore e dei suoi mezzi tecnici, ed è chiaro che in una mostra collettiva come questa, non tutte le immagini avranno
lo stesso valore ed impatto. Una precisazione è doverosa: non sono state imposte scelte o tecniche di nessun genere agli autori, così da lasciare ampia libertà di espressione, ma ci siamo ripromessi di rivedere questo punto, in modo da farlo diventare uno stimolo e non un limite.
Un doveroso e sincero ringraziamento va all'operato dell'amministrazione della Città di Collegno, nelle persone del Sindaco, Francesco Casciano, dell'Assessore alla qualità della vita, Matteo Cavallone, ed a tutto lo staff dell'Ufficio Cultura; senza il loro prezioso appoggio e sostegno non sarebbe stato possibile realizzare ed esporre questa mostra. Un grazie a tutti i soci che hanno partecipato e che si sono messi in gioco anche fra difficoltà e critiche; non sempre è facile estrarre ciò che c'è di buono da un'opinione contraria. Ed un grazie particolare ai membri del direttivo del fotogruppo ed a tutti quelli che, a vario titolo, hanno partecipato alla realizzazione teorica e pratica di questo evento. Credo che tutti abbiano lavorato con l'unico scopo di arrivare ad un lavoro che forse non può dirsi concluso, ma che sicuramente è meditato e foriero di sviluppi, se ben guardato e giudicato.

Un doveroso grazie a tutti i soggetti privati che con le loro donazioni hanno reso meno onerosa la pubblicazione di questo catalogo e la realizzazione della mostra.

Il Presidente
Marco Roveretto

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