Il termine FORMA assume significati molto diversi a seconda dell’ambito in cui viene collocato.
Può essere l’aspetto esteriore di un oggetto, l’aspetto fisico di una persona, il modo di presentare una cosa, la modalità di svolgimento di una procedura, o più semplicemente identifica l’esteriorità o l’apparenza.
Nella nostra lingua così articolata, può significare buona educazione ma anche una modalità espressiva, un linguaggio, uno stile e in campi più “concreti” un attrezzo che serve a modellare i più vari oggetti e anche la condizione fisica e lo stato di allenamento di un atleta o ancora il suo peso ideale se si utilizza il lemma come aggettivo.
Volendo dissertare in un ambito che ci riguarda più da vicino possiamo suggerire che il concetto di forma nelle arti figurative indica ciò che parte dall'espressione del colore puro e dei disegni, fino alla scultura, dove la forma assume spazialità fisiche tridimensionali. Inoltre con forma in architettura si delimita uno spazio vuoto, creando spazi vuoti definiti all'interno di questo.
Dunque tutto è forma.
Siamo circondati, pervasi, quasi assillati da ogni tipo di forma: da quelle macroscopicamente visibili a quelle che vanno ricercate talvolta con fatica per poterle evidenziare fino a quelle almeno apparentemente invisibili ma comunque esistenti.
In alcuni casi particolari la forma diventa ritmo, in altri casi diventa addirittura funzione insopprimibile. Basti pensare ad un susseguirsi di archi in un porticato dove si individuano al contempo entrambe le caratteristiche.
E’ grazie all’attrazione per le forme che ci si innamora, che si fanno esperienze estetiche, che si producono oggetti, che si costruiscono case, e così via. Tuttavia l’amore intellettuale e sistematico per le forme richiede un salto di qualità ulteriore e una concentrazione intellettuale, una potenza dello sguardo e della capacità di osservazione che solo i grandi artisti e i grandi naturalisti possiedono.
Forme come concrezioni organiche, superfici, punti e linee che convergono e si organizzano. Forme come ricerca continua di equilibri in evoluzione tra gravità e grazia, tra movimento e stasi. Forme come ciò che si staglia netto su uno sfondo.
Si può parlare di una storia filosofico-scientifica, estetica, logica, antropologica delle forme: dalle idee di Platone (la parola greca eidos è perfettamente traducibile con forma, che ne richiama tra l’altro la dimensione visiva, anche se puramente intelligibile), alla teoria aristotelica di forma e materia, potenza e atto; dalla classificazione di Linneo alla morfologia naturale goethiana, che conduce, per traslazione, alla morfologia spirituale di Spengler (anche le culture sono forme). Il kantiano Cassirer, poi, scrisse addirittura una Filosofia delle forme simboliche, forme trascendentali, filtri di ricostruzione attiva del mondo. Spazio, tempo, categorie, modi di plasmare il mondo, di dargli una forma .
Si potrebbe quasi dire che l’attività essenziale degli umani è di dar forma all’informe, di trovare un senso nell’incessante processo cosmico-vitale e produttivo di forme, cercando di penetrarne il mistero. Forme di vita, evoluzione di forme, mutamenti di forme. E poi: formazioni, informazioni, deformazioni, forme e riforme, nuovi formati, forma e contenuto, essere formali, avere una forma, formare qualcuno o qualcosa. Forme geometriche, frattali o semplici contorni delle cose. Ma anche il loro sfrangiarsi e deformarsi. Linee, superfici, rotondità, spigoli, cose che cominciano e finiscono, cose circondate da altre cose, cose che si incastrano. Forme mobili cangianti e mutevoli, contenuti che non trovano forma, forme mute, forme inespresse e forme possibili. Cose deformate fin dalla loro genesi. Passaggi di forme tramite il dna. Stampi di forme. Fissazioni di forme. Distruzioni di forme. Un pullulare di forme in ogni dove. Più ancore del il divenire eracliteo, il cangiante presentarsi di sempre nuove forme. L’essere è l’infinitamente multiforme e se è vero il principio degli indiscernibili di Leibniz, dobbiamo ritenere che nessuna forma sia perfettamente identica ad un’altra o replicabile.
Kandinsky dipinge i suoi biomorfismi e “ammassi regolati”, Mahler suona l’incedere delle forme naturali nel primo immenso tempo della sua Terza sinfonia, Goethe grande osservatore dei vegetali che vorrebbe fondare una scienza morfologica e metamorfica delle forme viventi e S.J. Gould incantato dalle forme allucinate e bizzarre dei fossili di Burgess.
Nell’osservare le forme, senza bisogno di spingersi oltre e di sprofondare in esse e nel segreto cosmico della loro genesi, si prova un’immediata forma di piacere. Si gode semplicemente del fatto che i volti umani, i viventi, le nuvole, le architetture, i paesaggi, le pietre e ogni altra cosa abbia una forma. È questa la base essenziale del piacere estetico oltre che intellettuale.
Ciò che noi sappiamo sugli altri e ciò che gli altri sanno su di noi si fonda essenzialmente su apparenze. Le apparenze sociali non lasciano scampo: siamo quello che sembriamo perché la nostra identità più profonda si struttura proprio in quei meccanismi di presentazione del sé, di costruzione dell'identità sociale come sintomo di una patologia prettamente moderna.
Le apparenze sociali non solo trasmettono contenuti sociali, ma li plasmano e talvolta li costituiscono. Nell' era di Facebook, e di altri social network in cui milioni di persone passano ore al giorno a plasmare e ritoccare la propria immagine sociale condivisa pubblicamente, il nostro io sociale non è una costruzione da cui ci possiamo liberare: l'ambivalenza tra quel che mostriamo di noi e quello che siamo riassume la condizione umana stessa.
La definizione di GRAFISMO in un’opera d’arte suggerisce semplicemente la preminenza degli elementi grafici rispetto ad altri elementi quali colore, volume, etc.
Può anche essere un modo più sintetico per rappresentare un oggetto o una combinazione di oggetti, dove in taluni casi l'impatto del colore può dare un senso alla proposta dell'artista.
L'arte della grafica è dunque colori semplici e sfavillanti, la creazione di concetti come la ripetizione, il ritmo, l'equilibrio. I grafismi possono mostrare una sensazione di statica o di movimento o di forme e disegni, in rilievo, come rappresentazione di cose concrete o astratte.
In fotografia il grafismo coincide talvolta con l'uso dell’ astratto e così forme, colori, architettura, geometria partecipano alla composizione dell'immagine pittorica.
Parlare di "grafismo" può risultare fuorviante: non si tratta solo di particolari manipolazioni dell'immagine fotografica come, ad esempio, nella tecnica del fotomontaggio o in quella del ritocco pittorico oggi facilitato dalla tecnologia digitale, bensì di un particolare "taglio" delle inquadrature: un abile uso degli effetti prospettici dei teleobiettivi o dei grandangoli, teso ad evidenziare alcuni tratti salienti di uno spazio reale, come certe qualità plastiche o cromatiche delle superfici. I classici paesaggi di Franco Fontana sono esempi di questa ricerca che, se può far pensare ad una costruzione pittorica, nasce invece dalle modalità stesse della ripresa fotografica.
Considerati, ormai, una vera forma d'arte, il grafismo e il muralismo migrano su abiti, in versione disegni o pennellate e danno un'impronta del tutto innovativa. Emilio Pucci è stato un pioniere del grafismo anni 50,con le sue sgargianti, colorate e fantasiose stampe famose in tutto il mondo. Negli anni 60, in Italia gli anni del boom economico, con la loro spinta propulsiva il grafismo influenza la moda ed ecco i colori vivaci, le minigonne, le linee geometriche spigolose e futuristiche, le ispirazioni pittoriche, gli effetti optical. Il “Mondrian dress” di Yves Saint Laurent del 1965 diventa iconico. Gli anni 70 poi sono dominati dalla mescolanza delle splendide fantasie di Ottavio Missoni. Moda e arte si sono spesso intrecciate tra loro.
Infine la street art, movimento che forse non si sarebbe immaginato accostato al mondo glamour delle passerelle. Il graffitismo e la street art fanno la loro comparsa tra gli anni 60 e 70 a Filadelfia e nei ghetti di New York e da lì l’inevitabile migrazione oltre Oceano a tappezzare e talvolta deturpare ulteriormente i muri delle nostre città.